Microplastiche & PFAS in acqua: il nuovo fronte (obbligatorio) della conformità ambientale

Fino a pochi anni fa, parlare di microplastiche e PFAS sembrava un tema da documentario o da dibattito tra ambientalisti.

Oggi, invece, rappresentano uno dei nodi più urgenti (e normati) della conformità ambientale per aziende pubbliche e private.

E non si tratta più solo di una questione etica o di reputazione, ma di obblighi concreti e misurabili che riguardano scarichi, approvvigionamento idrico e impianti produttivi.

Le microplastiche, frammenti invisibili ma persistenti, stanno entrando nel ciclo delle acque reflue e potabili, con conseguenze potenziali per l’ecosistema e per la salute umana.

I PFAS (sostanze perfluoroalchiliche), invece, sono inquinanti chimici utilizzati in tantissimi processi industriali — noti per la loro capacità di resistere a lungo nell’ambiente e accumularsi nei tessuti viventi.

Non a caso, vengono ormai chiamati “inquinanti eterni”.

Con l’entrata in vigore delle nuove direttive europee, questi due elementi sono diventati parametri obbligatori da monitorare, con limiti sempre più stringenti e controlli puntuali. Ciò significa che molte aziende, anche quelle che in passato non avevano mai avuto problemi ambientali, devono oggi adeguare i propri sistemi di trattamento, avviare campionamenti certificati e predisporre report conformi alle nuove soglie di legge.

Ignorare questo nuovo fronte significa esporsi a sanzioni, blocchi autorizzativi o addirittura interdizioni operative.

Al contrario, affrontarlo con tempestività può trasformarsi in un vantaggio competitivo: perché dimostrare di avere un controllo puntuale sull’impatto idrico significa guadagnare fiducia, accedere più facilmente ai fondi ESG e rafforzare la propria posizione sul mercato.

ESIA affianca le aziende anche su questo tema emergente, con analisi certificate, soluzioni tecnologiche e piani di intervento rapidi ed efficaci.

Perché oggi più che mai, la sostenibilità passa anche (e soprattutto) da ciò che scorre nei nostri impianti e nei nostri rubinetti.

Perché se ne parla adesso? Il momento zero è già iniziato

Fino a poco fa, le microplastiche e i PFAS sembravano problemi “lontani”, buoni per fare notizia nei documentari o per allarmare l’opinione pubblica.

Ma oggi non sono più una questione marginale: sono entrati ufficialmente nell’agenda normativa dell’Unione Europea — e ignorarli non è più un’opzione, soprattutto per le imprese.

Il 16 e il 21 maggio 2024 hanno segnato un primo punto di svolta.

Con la Decisione (UE) 2024/1441, la Commissione introduce per la prima volta un metodo unico e armonizzato per misurare le microplastiche nell’acqua potabile.

E non si tratta solo di un’indicazione teorica: entro 24 mesi, ogni Stato membro dovrà integrare il nuovo protocollo nei controlli di routine.

Questo significa che presto, ovunque in Europa, verrà chiesto di misurare, documentare e dimostrare la qualità dell’acqua sotto il profilo delle microplastiche. Niente sarà più lasciato al caso.

A questo si aggiunge, il 15 aprile 2025, la Guida REACH della Commissione Europea, che entra nel merito delle nuove restrizioni sulle microplastiche (voce 78 dell’Allegato XVII).

Un testo fondamentale che chiarisce cosa fare se si producono, importano o utilizzano polimeri solidi, non degradabili e insolubili: in pratica, chi non è conforme rischia di uscire dal mercato.

E non finisce qui.

Il 29 aprile 2025, gli Stati membri dell’UE votano la messa al bando dei PFAS nelle schiume antincendio, con un limite massimo fissato a 1 mg/L e un piano di eliminazione progressiva nei vari settori entro dieci anni.

Un segnale forte, che apre la strada ad altre restrizioni simili anche in ambito industriale, alimentare e sanitario.

Infine, l’11 luglio 2025, un’indagine su 117 corpi idrici nel Regno Unito rivela la presenza di PFAS oltre i limiti proposti in 110 campioni.

La notizia fa il giro dei media internazionali: il problema non è più tecnico, ma pubblico.
E quando l’opinione pubblica inizia a preoccuparsi, anche la reputazione delle aziende entra in gioco.

Morale?

Il mix microplastiche + PFAS è ormai al centro delle nuove leggi europee e del dibattito sociale.

Questo significa che le imprese devono muoversi ora: per evitare sanzioni, per proteggere la propria immagine, ma anche per restare accessibili a fondi, bandi e finanziamenti ESG.

Chi si prepara per tempo ha tutto da guadagnare.

Chi aspetta, rischia di arrivare troppo tardi.

Cosa cambia in pratica per aziende e gestori idrici: la sostenibilità si fa concreta (e urgente)

Non si tratta più di linee guida vaghe o di raccomandazioni da interpretare: oggi le imprese e i gestori idrici si trovano davanti a scadenze precise, azioni tecniche obbligatorie e rischi concreti.

Il mix microplastiche + PFAS, ormai al centro della normativa europea, impone interventi chiari da attuare entro i prossimi 12-18 mesi.

Ignorarli non è più un’opzione. Vediamo perché.

Metodo unico per le microplastiche (Decisione UE 2024/1441): strumenti e competenze da aggiornare

Le analisi fatte “come si è sempre fatto” non bastano più.

La nuova normativa impone l’uso di metodi armonizzati come µ-FTIR, Raman o tecniche termo-analitiche, e richiede la formazione specifica degli operatori.

Non adeguarsi significa produrre dati non validi, che possono essere rigettati da enti di controllo come l’ARPA, con conseguenti prescrizioni e blocchi operativi.


Chi produce o importa articoli che contengono microplastiche solide, non degradabili e insolubili (SPM) deve agire subito.

Serve verificare le schede di sicurezza, classificare i prodotti e notificare ECHA se la soglia di SPM supera l’1%.

Restare fermi significa rischiare il blocco dell’import/export, il ritiro dal mercato e controlli doganali più frequenti.

Le aziende che utilizzano ancora schiume antincendio contenenti PFAS devono mappare le scorte, pianificare la sostituzione con prodotti alternativi, e gestire correttamente i rifiuti foam classificati come pericolosi se superano 1 mg/L.

Il rischio, in caso di incidente o sversamento, non è solo ambientale, ma anche legale: responsabilità civile e obbligo di bonifica.

Lo standard per il monitoraggio dei PFAS si alza: servono metodi di rilevazione più sensibili (LC-MS/MS a ng/L), controlli periodici su filtri GAC/RO e aggiornamenti rispetto al D.Lgs 18/2023.

Restare indietro significa non riuscire a rispettare i nuovi limiti, con il concreto pericolo di chiusura di pozzi o ordinanze di non potabilità.

La sintesi è semplice, ma potente: il quadro normativo si è già mosso e impone azioni concrete.

Rimanere immobili, oggi, espone le imprese a sanzioni, interruzioni operative, danni d’immagine e perdita di accesso a fondi e gare pubbliche.

Adeguarsi non è solo una questione di rispetto delle regole: è una scelta strategica per proteggere la propria attività e guardare al futuro con responsabilità e competitività.

Come ESIA trasforma l’urgenza in vantaggio: dal caos normativo alla strategia operativa

Quando si parla di microplastiche e PFAS, la reazione più comune delle aziende è una: confusione.

Le norme cambiano, i metodi si aggiornano, le scadenze si moltiplicano.

E nel frattempo, la pressione da parte di enti di controllo, clienti e stakeholder cresce.

Ma ESIA ha trasformato tutto questo in un metodo chiaro ed efficace, capace di rispondere subito ai punti critici con soluzioni pronte, misurabili e orientate al risultato.

Screening iniziale: meno incertezza, più direzione

Il primo problema è non sapere da dove cominciare.
Quali sono gli obblighi che ti riguardano?
Quali scadenze devi rispettare?

ESIA risponde con un flash-audit gratuito che incrocia il tuo processo produttivo con la matrice normativa aggiornata su microplastiche e PFAS.
In pochi giorni, hai in mano una mappa chiara delle priorità.

Campionamento & analisi: strumenti e dati a norma

Molte aziende utilizzano ancora strumenti non tarati o tecniche di analisi con limiti troppo alti per rilevare PFAS e microplastiche secondo i nuovi standard.
Con il laboratorio accreditato ESIA, dotato di tecnologie come µ-FTIR e LC-MS/MS, le analisi arrivano a livelli di rilevabilità fino a 4,4 ng/L, pienamente conformi alle richieste normative.
Il risultato?
Dati validi, certificabili, pronti per essere presentati alle autorità competenti.

Gap compliance REACH: dal caos documentale al dossier completo

La documentazione tecnica è spesso disorganizzata: schede di sicurezza incomplete, articoli non etichettati correttamente, dossier REACH mai aggiornati.
ESIA ti aiuta a mettere ordine con una check-list personalizzata, verifiche di etichettatura e la predisposizione di dossier già pronti per la notifica ECHA, riducendo il rischio di blocchi all’import/export o sanzioni.

Piano di sostituzione schiume: costi sostenibili, senza improvvisazioni

Sostituire le schiume antincendio contenenti PFAS è complesso e spesso costoso.
ESIA costruisce con te una roadmap tecnica su misura, integrando anche la partecipazione a bandi PNRR o Piano Transizione 5.0 per accedere a finanziamenti e incentivi che alleggeriscono l’impatto economico dell’intervento.

Formazione & comunicazione: il team (e gli stakeholder) parlano la stessa lingua

Ultimo ma decisivo: la coerenza interna.
Se il team tecnico, il CSR e il management non sono allineati, ogni azione si blocca.
ESIA organizza webinar dedicati e materiali informativi su misura, con factsheet per stakeholder, investitori, clienti, aiutandoti a comunicare la tua strategia ambientale in modo professionale e trasparente.

ESIA non si limita a dirti cosa fare: ti accompagna con strumenti concreti, tecnologie accreditate e visione strategica, trasformando ogni obbligo in un’occasione per fare meglio, risparmiare tempo e risorse, e rafforzare la reputazione della tua impresa.

Le microplastiche e i PFAS sono “forever chemicals”—ma le sanzioni e i danni reputazionali non devono esserlo.

Metti la tua azienda al sicuro con l’esperienza di ESIA.

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