Lo conoscono tutti per la sua pericolosità, ma sono pochi a sapere che in effetti l’amianto (o asbesto) rappresenta un rischio – e va rimosso – in molti casi, ma non in tutti. Ciononostante ad oggi, risultano ancora troppi i siti contaminati e troppe, soprattutto, continuano ad essere le vittime. Secondo la SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) in Italia l’amianto uccide seimila persone all’anno, nonostante la Normativa italiana sia tra le più avanzate in materia e ponga diversi obblighi a carico di datori di lavoro e amministratori di condominio.
Cos’è | Dove si trova | Malattie | La legge | Valutazione del rischio
Cos’è l’amianto
Prima di tutto, definiamo l’amianto. Contrariamente a quanto si possa pensare, non si tratta di un minerale, ma di una fibra molto diffusa in natura e presente nei seguenti, specifici minerali:
- Crisotilo (amianto bianco),
- Amosite (amianto bruno),
- Crocidolite (amianto blu),
- Tremolite (Anfibolo),
- Antofillite (Anfibolo),
- Actinolite (Anfibolo).
Negli anni Novanta del secolo scorso, l’amianto è stato ampiamente utilizzato nell’edilizia, perché – oltre a costare poco ed essere estremamente duttile – esso si rivela resistente al calore e al fuoco, all’azione degli agenti chimici, all’abrasione e all’usura, sia termica che meccanica. Insomma, una manna dal cielo per un settore che allora era fortemente in espansione e necessitava di un materiale poco costoso, flessibile e resistente. La sua pericolosità, però, non era del tutto ignota, dato che già nel 1965 il DPR n. 1124 garantiva un particolare trattamento assicurativo per i lavoratori ammalatisi di cancro per esposizione all’amianto.
Dov’è stato utilizzato l’amianto in Italia
Quando si parla di amianto si pensa prima di tutto all’Eternit, e quindi al suo impiego nell’edilizia. Bisogna tuttavia precisare che in realtà queste fibre trovarono largo impiego anche in altri settori, quali l’automotive e l’industria di elettrodomestici. Vediamo nel dettaglio i diversi impieghi dell’amianto:
- Edilizia: Nella forma del composto fibro-cementizio (Eternit), l’amianto è stato utilizzato per realizzare pavimenti (vinil-amianto o come sottofondo del lineoleum), tubature (es. reti acquedottistiche), canne fumarie e coperture per edifici, ma anche come materiale spruzzato per dare qualità ignifughe ai rivestimenti metallici, o ancora per intonaci o nei pannelli per controsoffittature.
- Industria: Utilizzato come isolante termico nei cicli industriali che operano ad alte temperature, l’amianto ha trovato ampio impiego in centrali termiche, termoelettriche, siderurgiche, vetrerie, fonderie, officine di ceramica, di laterizi, zuccherifici e distillerie. Sempre come isolante termico, ma per le basse temperature, questi materiali sono stati impiegati nei frigoriferi o per creare barriere antifiamma nelle condotte per impianti elettrici.
- Casa: Per uso domestico, oltre ai frigoriferi, ricordiamo alcuni tra gli elettrodomestici sottoposti a stress termico, quali asciugacapelli, forni, stufe e ferri da stiro, o gli impianti di riscaldamento (termosifoni, stufe, caldaie, etc.). I guanti da forno erano isolati talvolta grazie all’impiego dell’amianto.
- Trasporti: Che fossero autobus o l’auto privata, l’amianto poteva trovarsi nei freni, nelle frizioni e nelle guarnizioni. Era particolarmente usato poi per la coibentazione di alcuni elementi presenti su treni, navi e bus.
Malattie legate all’amianto
Come ricordato, risale al 1965 la prima legge che garantiva un trattamento assicurativo alle vittime dell’amianto. Le fibre, deteriorate o danneggiate, si disperdono nell’ambiente, possono essere inalate ed entrare nei polmoni. Parte di queste fibre viene espulsa, altra resta nell’organo respiratorio e può provocare l’insorgenza delle seguenti malattie:
- Cancro al polmone-Mesotelioma,
- Asbestosi (cicatrizzazione dei tessuti del polmone),
Oltre a queste malattie, l’amianto causa altre patologie non necessariamente mortali, mentre su altre ancora si attende che la ricerca faccia chiarezza sul nesso causa-effetto. Sulla scorta delle evidenze scientifiche, comunque, si è provveduto a vietare uso, importazione e commercializzazione delle fibre di amianto.
Cosa dice la legge italiana sull’amianto
La presenza dell’amianto non rappresenta di per sé un fattore di pericolo, poiché è il deterioramento o il danneggiamento a renderlo nocivo. Per questo motivo la Legge 257 del 27 marzo 1992 vieta l’utilizzo e la commercializzazione dell’amianto, ma non ne impone la rimozione. C’è tuttavia un obbligo a segnalare la presenza di amianto alle ASL e dunque a monitorare l’integrità dei materiali e la salubrità degli ambienti. Si tratta di un dettaglio non da poco, dal momento che in questo modo si obbligano i soggetti interessati – che possono essere datori di lavoro come amministratori di condominio – a far censire alle autorità competenti siti eventualmente contaminati.
Scegliendo di promuovere la linea del monitoraggio piuttosto che quella difficilmente attuabile della rimozione, la Legge ha dovuto riconoscere e normare anche i requisiti delle imprese incaricate di valutare i rischi e di quelle che invece devono smaltire eventuali scorie. A sua volta, sono le imprese che devono far intervenire dette aziende per la redazione periodica del Documento di Valutazione del Rischio.
Documento di valutazione del rischio per amianto
Il D.Lgs 81/08 impone al datore di lavoro, secondo art. 249, di effettuare la valutazione del rischio attraverso società certificate. Il costo di un DVR amianto varia in base a diversi fattori, ma è sicuramente minore di una bonifica e, anzi, può proprio comunicare che quest’ultima non è necessaria. Qualora sia riconosciuta la presenza del materiale pericoloso e non sia possibile rimuoverlo, il datore di lavoro dovrà informare i propri dipendenti e proseguire il percorso di documentazione attraverso una certificazione che appuri lo stato di integrità dell’amianto. Fatto ciò, il responsabile dell’azienda dovrà provvedere a far eseguire monitoraggi ambientali e biologici per verificare l’eventuale presenza di fibre di amianto nell’aria e nell’organismo dei lavoratori.
Appurata l’integrità dell’ambiente, dei lavoratori e dello stesso materiale, il datore di lavoro, con l’ausilio del medico competente, dovrà stilare un piano di controlli periodici – sia del personale che della sede di lavoro – per verificare l’eventuale aumento di fibre di amianto. Qualora questo dovesse essere in costante aumento, quand’anche al di sotto della soglia limite (0,1 fibre per centimetro cubo di aria, su media ponderata in un tempo di otto ore), bisogna segnalare l’anomalia all’ASL, che provvederà a fare ulteriori verifiche su possibili deterioramenti dell’amianto e disporre l’eventuale rimozione del materiale nocivo.