Bilancio di sostenibilità obbligatorio: il countdown è (di nuovo) partito — sei sicuro di avere il tempo che pensi?

Per molte imprese italiane, il bilancio di sostenibilità è stato finora visto come un obbligo ancora lontano, qualcosa da rimandare a “quando sarà il momento”.

Ma quel momento è arrivato, e più in fretta di quanto si pensasse.

Il nuovo calendario europeo per la rendicontazione ESG è chiaro: sempre più aziende, anche di medie dimensioni, dovranno redigere e pubblicare un bilancio non finanziario secondo criteri ambientali, sociali e di governance.

La vera domanda è: sei sicuro di avere il tempo che pensi?

Perché non si tratta solo di mettere insieme qualche dato: costruire un bilancio di sostenibilità significa rivedere processi, raccogliere indicatori, impostare sistemi di monitoraggio ambientale e sociale, formare il personale, attivare audit interni e, soprattutto, dimostrare con evidenze concrete l’impegno dell’azienda verso la sostenibilità.

È un lavoro che richiede tempo, competenze e pianificazione.

E chi parte in ritardo, rischia di trovarsi con le spalle al muro: tra normative in evoluzione, sanzioni per chi non rispetta le scadenze, e la crescente pressione da parte di clienti, investitori e stakeholder.

Inoltre, non adeguarsi per tempo può significare perdere opportunità: bandi pubblici, fondi europei, partnership internazionali e accesso ai finanziamenti ESG sono sempre più vincolati alla trasparenza e alla rendicontazione ambientale.

In questo scenario, affidarsi a un partner come ESIA significa guadagnare tempo, evitare errori e affrontare il percorso con una strategia chiara, guidata da chi conosce la normativa e sa come tradurre gli obblighi in valore.

Perché la sostenibilità non è più solo una questione di immagine: è la base per restare competitivi domani.

Il countdown è partito.

Meglio non aspettare l’ultimo secondo.

Il “plot twist” normativo che molti non hanno colto (e che può costare caro)

Sembrava che ci fosse ancora tempo.

Molte aziende stavano giusto iniziando a orientarsi tra gli acronimi ESRS e le nuove logiche della rendicontazione ESG, quando è arrivato il colpo di scena normativo che ha cambiato le regole del gioco.

Dal 25 settembre 2024, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 125/2024, la rendicontazione di sostenibilità non è più una scelta né un obiettivo a lungo termine: è un obbligo concreto e vincolante.

Chi è coinvolto?
Non solo i colossi industriali.
La norma impone la rendicontazione a:

  • grandi imprese (con più di 250 dipendenti, 50 milioni di euro di fatturato o 25 milioni di attivo),
  • tutte le PMI quotate (con l’eccezione delle micro-imprese),
  • gruppi societari che superano le soglie previste dall’UE, anche se la capogruppo non ha sede in Italia.

Ed è qui che si inserisce il vero “plot twist”.

Ad aprile 2025, mentre molti cercavano ancora di decifrare gli ESRS (European Sustainability Reporting Standards), l’Unione Europea ha pubblicato la direttiva “Stop-the-Clock” 2025/794.

Una pausa? Non proprio.

È stato solo un rinvio parziale — una misura di sollievo temporaneo, pensata per diluire la pressione iniziale.

Le scadenze sono state sì posticipate, ma non cancellate.
Anzi, sono solo diventate più chiare:

  • Le grandi imprese “neo-obbligate” dovranno comunque redigere il primo bilancio di sostenibilità per l’esercizio 2027 (con deposito nel 2028).
  • Le PMI quotate, invece, avranno tempo fino all’esercizio 2028 (deposito nel 2029).

Il rischio?

Farsi ingannare dallo “slittamento” e perdere di vista la preparazione che questo tipo di rendicontazione richiede.

Perché, se da un lato i tempi sembrano essersi allungati, dall’altro il lavoro da fare resta lo stesso: definire strategie, raccogliere dati, mappare impatti, coinvolgere i reparti interni, integrare sistemi di monitoraggio, formare il personale.

In questo contesto, chi parte adesso ha un vantaggio competitivo. Ù

Chi aspetta rischia di arrivare tardi, impreparato e sotto pressione.

Il momento di agire è ora — prima che la sostenibilità diventi un’emergenza da rincorrere, invece che un valore da costruire.

Chi rientra davvero (spoiler: probabilmente anche tu, o il tuo fornitore)

Quando si parla di bilancio di sostenibilità, molti pensano ancora:

“Non riguarda la mia azienda, siamo troppo piccoli”

oppure

“Ci penseremo quando sarà obbligatorio”.

Ma la verità è che il momento è già arrivato — o lo farà molto presto.

E anche se non sei direttamente soggetto alla normativa, potresti essere comunque coinvolto.

Ecco perché è fondamentale capire in quale “onda” CSRD ti trovi.

La Wave 1 è già in corso: riguarda le grandi aziende già soggette alla DNF (Dichiarazione Non Finanziaria) per l’esercizio 2024, da depositare nel 2025.
Per loro, la sostenibilità è già diventata realtà operativa.

La Wave 2 entra in azione con l’esercizio 2027 e coinvolge tutte le altre grandi imprese europee, cioè quelle con più di 250 dipendenti, oppure con soglie economiche elevate. Anche se il primo bilancio obbligatorio sarà depositato nel 2028, il tempo per prepararsi è ora: si parla di raccolta dati, formazione, nuovi processi e nuove responsabilità.

La Wave 3, invece, riguarda le PMI quotate (inclusi AIM ed Euronext Growth, se non sono micro-imprese): il primo bilancio è previsto per il 2028, ma la complessità del processo non permette improvvisazioni.

Infine, nella Wave 4 rientrano i gruppi extra-UE con un fatturato superiore a 150 milioni di euro all’interno dell’Unione Europea.
Per loro, l’obbligo scatterà con l’esercizio 2029.

⚠️ E c’è un aspetto che in molti trascurano: anche se resti fuori soglia, potresti comunque ricevere richieste di dati ESG da parte di clienti o banche, che devono consolidare i propri bilanci di sostenibilità.

In pratica, anche chi non ha l’obbligo diretto, rischia di restare fuori da gare, finanziamenti o partnership se non sa rispondere in modo puntuale e documentato.

Il messaggio è chiaro: la sostenibilità non è più una scelta per pochi, ma una condizione per rimanere competitivi.

Meglio arrivare preparati che rincorrere l’urgenza.

Cinque “trappole nascoste” che possono costarti caro (e che in pochi stanno considerando davvero)

Prepararsi al bilancio di sostenibilità non significa solo raccogliere qualche dato ambientale e scrivere belle intenzioni su un documento.

Dietro le nuove regole europee si nascondono cinque trappole insidiose che, se sottovalutate, possono trasformarsi in costi altissimi — in termini economici, reputazionali e di tempo.

Ecco perché non basta “iniziare”, ma è fondamentale iniziare bene.

  1. Doppia materialità: molto più di un questionario
    Non si tratta solo di dire “quanto impatto ha la mia azienda sul mondo?”, ma anche “quanto il mondo influisce su di me?” (es. crisi climatica, inflazione energetica, cambi normativi).
    È un’analisi complessa, che richiede evidenze quantitative e una metodologia rigorosa. Compilare un foglio Excel non basta: serve un processo strutturato, con stakeholder interni ed esterni coinvolti.

  2. Garanzia esterna: il bilancio va certificato, non solo redatto
    Per essere valido, il bilancio deve essere sottoposto a verifica da parte di un revisore indipendente e abilitato.
    Oggi si richiede una limited assurance, ma presto si passerà alla reasonable assurance, ovvero un controllo approfondito simile a quello del bilancio economico. Non basta scrivere bene: bisogna dimostrare, numeri alla mano, che tutto è coerente e verificabile.

  3. Digital tagging: non è un semplice PDF
    Il bilancio di sostenibilità dovrà essere redatto in formato XHTML, con tag XBRL che lo rendano leggibile per la piattaforma europea ESAP.
    In parole povere: serve una competenza tecnica simile a quella richiesta nei bilanci finanziari digitali, con software adeguati e persone formate.
    Un ostacolo sottovalutato da chi pensa di poter gestire tutto “in house”.

  4. Catena di fornitura: lo Scope 3 è il vero mostro nascosto
    Se pensi che basti monitorare ciò che accade dentro la tua azienda, ripensaci. Il bilancio ESG richiede di rendicontare anche le emissioni Scope 3, cioè quelle generate dalla tua catena di fornitura, oltre a indicatori su diritti umani, rifiuti, logistica, packaging… Coordinare decine (o centinaia) di fornitori per ottenere dati completi e coerenti è una delle sfide più impegnative dell’intero processo.


  5. ⚠️Interoperabilità: le normative si parlano tra loro
    La CSRD non è un’isola.
    Deve dialogare con altri obblighi come la CSDDD (due diligence sui diritti umani e ambientali), la EU Taxonomy (classificazione delle attività sostenibili) e il CBAM (carbon border adjustment).
    Se i tuoi dati non sono allineati tra i diversi documenti o piattaforme, il risultato è un red flag per investitori, banche e stakeholder.

In sintesi?

Il bilancio di sostenibilità non è solo un documento, è un processo strategico che coinvolge tutta l’azienda.

Ignorare queste “trappole” può significare dover correre ai ripari con costi imprevisti, perdite di tempo e, soprattutto, un danno alla credibilità aziendale.

Meglio anticipare che inseguire.

Ma c’è anche il lato opportunità (e non è affatto secondario)

Quando si parla di bilancio di sostenibilità, il pensiero va subito a obblighi, scadenze e normative da rispettare.

Ma c’è un aspetto che troppo spesso passa in secondo piano: le opportunità concrete che questo percorso può generare per la tua azienda.
E sono tutt’altro che teoriche.

Riduci il costo del capitale

Sempre più fondi e istituti bancari stanno legando le loro condizioni di finanziamento a criteri ESG.
Tradotto: se la tua azienda dimostra di avere una rendicontazione solida, completa e trasparente, accede a prestiti agevolati, rating migliori e condizioni finanziarie più vantaggiose.
I cosiddetti strumenti “ESG-linked” non sono il futuro: sono già attivi, e stanno premiando chi è partito prima.

Punteggi più alti in gare pubbliche e supply chain

La sostenibilità è diventata un criterio chiave nelle gare pubbliche, nei bandi europei e nei processi di fornitura delle grandi imprese.
Avere un bilancio ESG strutturato significa salire di posizione nei punteggi di valutazione, superare la concorrenza e entrare in filiere strategiche sempre più selettive.
In certi settori, non essere sostenibili significa restare fuori dal mercato.

Attrai i talenti migliori

Secondo la Deloitte GenZ Survey 2025, l’81% dei giovani laureati considera l’impegno ESG dell’azienda un fattore decisivo prima di firmare un contratto.
Questo significa che per attrarre e trattenere le nuove generazioni – più sensibili, consapevoli e selettive – è fondamentale dimostrare coerenza tra valori dichiarati e azioni concrete.
La sostenibilità non è solo un vantaggio competitivo: è una calamita per le menti migliori.

Scopri inefficienze e risparmia davvero

Non è solo questione di immagine o conformità.
Il bilancio ESG, se fatto con criterio, porta spesso alla luce sprechi nascosti e inefficienze operative: nei consumi energetici, nella gestione dei rifiuti, nella logistica.

Intervenire su questi fronti può portare a risparmi significativi, tanto che in molti casi il costo del progetto si ripaga da solo in meno di 18 mesi.

Insomma, la rendicontazione ESG non è solo un dovere da assolvere: è un’occasione concreta per rendere l’azienda più solida, più attrattiva e più competitiva.

E chi sa coglierla per tempo, si troverà un passo avanti.

Come ti porta al traguardo ESIA: soluzioni concrete ai problemi reali

Approcciare la rendicontazione di sostenibilità può sembrare un percorso a ostacoli. Confusione iniziale, raccolta dati disorganizzata, norme complesse, mancanza di evidenze, documenti poco chiari: ecco perché molte aziende si bloccano prima ancora di iniziare.

Ma con ESIA, ogni fase diventa più semplice, grazie a un metodo collaudato e strumenti su misura.

Molti progetti ESG si inceppano all’inizio, quando bisogna mappare gli stakeholder e identificare i temi materiali.

Qui ESIA entra subito in azione, con un workshop facilitato che in sole due settimane ti aiuta a completare una matrice di doppia materialità, già conforme agli standard europei.

Così sai da dove partire e dove andare.
Un altro scoglio è la frammentazione dei dati ESG: file Excel, mail, strumenti scollegati.

Con la piattaforma digitale ESIA e l’uso di indicatori ambientali certificati dal laboratorio accreditato, hai finalmente tutto in un unico sistema, valido anche ai fini normativi e pronto per la verifica.

Molte imprese sottovalutano le complessità dei nuovi standard ESRS.

Il rischio?

Ritrovarsi con non conformità nascoste che emergono troppo tardi.

ESIA ti aiuta con una check-list normativa dettagliata e un action plan con priorità e costi stimati, così sai cosa fare, quando farlo e con quali risorse.


Una delle richieste più spinose del bilancio di sostenibilità è la tracciabilità delle evidenze. Con ESIA, mettiamo in campo controlli interni dedicati e organizziamo trial audit insieme ai revisori partner, per arrivare pronti e senza sorprese al momento della verifica.


Troppi bilanci ESG risultano lunghi, tecnici e poco leggibili.
ESIA ti affianca nella redazione di un report “Investor-grade”, chiaro e professionale, accompagnato da versioni executive per stakeholder interni, clienti o investitori.
Perché comunicare bene è parte della sostenibilità stessa.

In sintesi: ESIA non ti offre solo consulenza, ma un percorso concreto e strutturato per arrivare al traguardo con sicurezza.

Ogni fase è pensata per risolvere problemi reali e aiutarti a costruire un bilancio di sostenibilità non solo conforme… ma davvero utile per la crescita della tua azienda.

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