Divieto di dimora in Campania e in Abruzzo e sequestro preventivo di beni per un valore pari a 3 milioni di euro. Sono queste le misure cautelari poste in essere dai Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica, dagli uomini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e dagli agenti dell’Unità Operativa della Polizia Locale di Napoli, nei confronti di un imprenditore partenopeo operante nell’edilizia e nello smaltimento dei rifiuti, indagato per il delitto di omessa bonifica. I provvedimenti sono stati disposti dal GIP del tribunale di Napoli e fanno seguito alle indagini svolte dalla Procura partenopea, nel corso delle quali sono stati sentiti anche i responsabili del Ministero dell’Ambiente, della Regione Campania, della Città Metropolitana, del Comune di Napoli e del Genio Civile. A far scattare l’inchiesta, è stato l’esposto in cui alcuni cittadini denunciavano alla magistratura lo stato di degrado ambientale del Vallone San Rocco, area ricompresa nel Parco Metropolitano delle Colline di Napoli.
Lungi dall’essere – come era nelle intenzioni iniziali – il polmone verde del polo ospedaliero, la zona è stata a lungo oggetto di sversamento e interramento di rifiuti speciali, talvolta anche pericolosi, che hanno altresì cagionato un ingente rischio di dissesto idrogeologico. In particolare, all’imprenditore viene contestata l’omessa bonifica della Cava Suarez, di cui egli avrebbe dovuto curare la ricomposizione ambientale. Impegno rimasto del tutto disatteso, dal momento che il sito è stato per anni utilizzato come discarica abusiva in cui gettare il materiale di risulta (tra cui anche amianto) proveniente dalle attività edili dell’indagato.
Indagato che era già stato precedentemente rinviato a giudizio dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli per “delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” all’interno della Cava Suarez, con dibattimento di primo grado attualmente in svolgimento. Nelle more del giudizio, tuttavia, “non risultava aver mai ottemperato agli obblighi imposti per legge e relativi al recupero della cava, sostanzialmente sfruttata quale personale discarica abusiva”. L’imprenditore viene indiziato del mancato adempimento dell’ordine di rimozione dei rifiuti, di bonifica e di ripristino ambientale della cava, così come adottato dal Comune di Napoli nell’agosto 2019 e successivamente confermato sia dal TAR che dal Consiglio di Stato.
In seguito a sequestro operato dalla Polizia Locale e dai Carabinieri del NOE, il personale tecnico dell’ARPAC ha conteggiato in circa 30000 i metri cubi di rifiuti abusivamente sversati, con un risparmio per l’imprenditore partenopeo valutato in 3 milioni di euro, ossia la cifra che, in base a quanto stimato, è necessaria per procedere al corretto smaltimento. La medesima cifra è stata congelata su conti correnti riconducibili direttamente o indirettamente all’imprenditore al quale sono stato altresì sequestrati beni mobili e immobili, fino a compensazione dell’illecito profitto. Successive indagini svolte dalla Guardia di Finanza hanno poi portato a supporre che l’indagato “avuta conoscenza dell’avvio di procedimenti amministrativi e penali nei propri confronti, abbia posto in essere una serie di atti volti alla fraudolenta spoliazione di beni appartenenti al patrimonio personale e della società titolare dell’autorizzazione ambientale, al fine di evitarne il sequestro”. Oltre al divieto di dimora in Campania e Abruzzo, nei confronti dell’imprenditore è stato disposto anche il divieto di esercitare attività d’impresa o di detenere uffici direttivi presso persone giuridiche e aziende operanti nell’ambito edilizio e ambientale.