È complessa, articolata e differenziata la legislazione finalizzata a garantire che l’iniziativa imprenditoriale non abbia impatti eccessivamente dannosi sull’ambiente. In questa sede, ci si soffermerà in particolare sulla disciplina relativa allo scarico di acque reflue industriali effettuato senza autorizzazione o in violazione dei limiti di legge, e sul connesso sistema sanzionatorio.
Limiti previsti dal T.U.A.
Abbiamo già avuto modo di analizzare le caratteristiche delle acque reflue industriali; qui, sarà sufficiente soltanto ribadire la definizione a riguardo offerta dal T.U.A. (Testo Unico sull’Ambiente), che annovera in questa tipologia di acque quelle “scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diversi dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”. Lo stesso Testo Unico provvede altresì a fissare determinati limiti tabellari da rispettare nell’effettuazione dello scarico delle acque reflue industriali.
Tali limiti non possono essere ignorati, poiché stabiliscono la quantità massima consentita di contaminanti negli scarichi.
Sanzioni su scarico di reflui industriali
Per inosservanza dei limiti
Nell’ipotesi in cui questi limiti vengano infranti, è previsto un regime sanzionatorio fondato sia su pene detentive che su ammende pecuniarie. Nei casi di minor gravità, si provvederà all’irrogazione di una sanzione pecuniaria che varia da €5.000 a €26.000. È invece prevista la detenzione, da un minimo di due mesi fino a un massimo di due anni, oltre a un’ammenda di €30.000, qualora il superamento dei limiti riguardi le seguenti sostanze:
- Arsenico
- Cadmio
- Cromo totale e/o esavalente
- Mercurio
- Nichel
- Piombo
- Rame
- Selenio
- Zinco
- Fenoli
- Oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistente
- Solventi organici aromatici e/o azotati
- Composti organici alogenati
- Pesticidi fosforati
- Composti organici dello stagno
- Sostanze di cui l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) ha provato il potere cancerogeno.
Per scarichi effettuati in caso di assenza, sospensione o revoca dell’autorizzazione
Sanzioni sono previste anche nelle ipotesi in cui l’autorizzazione allo scarico dei reflui industriali sia assente, sospesa, o revocata. A riguardo, l’art.137 del T.U.A. sancisce che chiunque apra o effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione o con autorizzazione sospesa o revocata, è punito con l’arresto da due mesi a due anni o con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di €1.500 a un massimo di €10.000. Si tratta di misure tra esse alternative, che vanno applicate a seconda della gravità del rischio cagionato alla salute pubblica e all’ambiente. Le sanzioni si aggravano nei casi in cui i reflui industriali, scaricati in assenza di autorizzazione o con autorizzazione sospesa o revocata, contengano una o più delle sostanze elencate al paragrafo precedente. In tali ipotesi, la pena detentiva va da tre mesi a tre anni, mentre la sanzione pecuniaria varia da €5.000 a €52.000.
Il regime di autorizzazioni previsto dal Testo Unico sull’Ambiente
La severità delle sanzioni analizzate, oltre a essere un ottimo deterrente contro comportamenti illeciti, consente altresì di capire quanto sia importante dotarsi delle autorizzazioni essenziali per scaricare le acque reflue industriali in modo ecocompatibile. Importanza che si può desumere anche leggendo il primo comma dell’art. 124 del T.U.A., ove è esplicitamente puntualizzato che tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati. Tale autorizzazione viene rilasciata dalle Regioni o dall’ente gestore del servizio idrico integrato (qualora l’immissione avvenga nella rete fognaria) al titolare dell’attività da cui deriva lo scarico, previa valutazione tecnica d’impatto ambientale. In caso di riscontro favorevole, entro novanta giorni dalla presentazione della domanda viene rilasciato il permesso, che ha validità quadriennale.