Polmonite interstiziale, febbre alta, tosse, diarrea. Sono questi i sintomi tipici della “Legionellosi” o “Malattia del legionario”, causata dal batterio Legionella pneumophila, che vive e prolifera in acqua stagnante a temperatura compresa tra 20 e 50° C. La pericolosità di tale agente patogeno non può essere sottovalutata, essendo potenziale causa di morte tra la popolazione. Per questo motivo, specie in un frangente già delicato quale quello di convivenza con il Covid-19, si rende necessario porre in sicurezza anche le strutture turistico ricettive (es. hotel, Spa, villaggi) e gli edifici a uso civile o industriale, al fine di evitare che il ristagno dell’acqua e l’impiego saltuario degli impianti possano recare danno alla salute di lavoratori ed utenti.
RAPPORTO ISS – L’Istituto Superiore della Sanità ha perciò fornito una serie di raccomandazioni contenute nel rapporto intitolato “Guida per la prevenzione della contaminazione da Legionella negli impianti idrici di strutture turistico recettive, e altri edifici ad uso civile e industriale non utilizzati durante la pandemia COVID-19”, documento che si rivolge in particolare ai gestori di strutture ricettive (codice ATECO 55) e a quelli di edifici adibiti ad uso civile e industriale, non utilizzati nel periodo di lockdown, nonché alle autorità preposte ad effettuare i controlli sanitari.
Sistemi idrici a rischio
Abbiamo già parlato, altrove e in maniera specifica, degli impianti in cui prolifera la Legionella. Il documento dell’ISS tiene a precisare quali, in strutture turistiche o ad uso industriale, sono quelli a rischio Legionellosi:
- Sistemi che diffondono gocce aerosol inalabili, quali torri di raffreddamento o condensatori evaporativi;
- rubinetti privi di rompigetto o con rompigetto incrostato;
- docce (specie con soffioni incrostati), vasche idromassaggio con aerosolizzazione dell’acqua, fontane interne, o sciacquoni per WC inutilizzati per lunghi periodi di tempo;
- altre attrezzature, come idropulitrici, sistemi di irrigazione a spruzzo, sistemi di autolavaggio, ecc.
Controllo ordinario
La guida stilata dall’ISS opera una distinzione tra strutture ed edifici chiusi per meno di un mese o che risultino frequentati e/o manutenuti in modo da assicurare un flussaggio periodico di acqua dai rubinetti e dalle docce presenti nelle camere, e quelli in cui il periodo di chiusura si è protratto oltre i trenta giorni. Nel primo caso, la raccomandazione è di eseguire, prima della riapertura, un controllo ordinario rivisto e aggiornato dell’impianto idrico e degli altri sistemi o apparecchiature inutilizzati o adoperati in maniera ridotta. Si raccomanda altresì di rendere note le modalità con cui lavoratori ed utenti verranno tutelati dal rischio Legionellosi. Qualora necessario, il gestore potrà anche avvalersi della consulenza di un esperto in tema di trattamento e controllo degli impianti.
Controllo straordinario in caso di chiusura per oltre un mese
Diverso è il discorso per le strutture e gli edifici la cui chiusura si sia protratta per oltre un mese. In tal caso, il rapporto prevede una serie di misure da porre in essere prima di ospitare nuovamente l’utenza:
- verificare la corretta circolazione dell’acqua calda in tutte le parti del sistema idrico assicurando, al contempo, che la temperatura all’interno dell’accumulo o del boiler sia non inferiore a 60°C mentre quella misurata in corrispondenza del ritorno dagli anelli di ricircolo non scenda al di sotto dei 50°C;
- verificare che la temperatura dell’acqua calda, erogata da ciascun terminale di uscita, raggiunga un valore non inferiore a 50°C entro 1 minuto dall’apertura del terminale (evitando schizzi) e che la temperatura dell’acqua fredda non superi i 20°C dopo un flussaggio di 1 minuto. In presenza di valvole miscelatrici termostatiche, verificare che le suddette temperature vengano raggiunte dalle tubazioni che le alimentano;
- pulire, disincrostare e, all’occorrenza, sostituire tutti i terminali (docce e rubinetti) di acqua calda e fredda; flussare abbondantemente e disinfettare periodicamente con cloro le cassette di scarico per WC, gli orinatoi, i by-pass e tutti gli altri punti sulla rete;
- assicurarsi che i serbatoi di stoccaggio dell’acqua potabile contengano cloro residuo libero (valore consigliato: 0,2 mg/l). Concentrazioni di disinfettante più elevati (1-3 mg/l) sono efficaci nel controllo della proliferazione di Legionella, ma alterano le caratteristiche di potabilità dell’acqua;
- verificare che tali livelli di disinfettante siano raggiunti in tutti i punti individuati come sentinella e in quelli scarsamente utilizzati;
- monitorare le temperature e i livelli di biocida per almeno 48 ore apportando, se necessario, opportune regolazioni; prelevare campioni d’acqua per la ricerca di Legionella dai terminali sentinella (i campioni microbiologici campionati prima delle 48 ore successive all’inizio delle operazioni di disinfezione possono risultare “falsi negativi”).
Se i campioni d’acqua prelevati risultano negativi, i sistemi di acqua calda e fredda sono da considerarsi sotto controllo e l’edificio può essere riaperto.
Altre sezioni
Specifiche raccomandazioni sono poi dedicate alle altre sezioni impiantistiche, quali ad esempio le torri di raffreddamento evaporative, le unità di trattamento aria, le vasche idromassaggio a servizio delle camere d’albergo.
Se tali impianti hanno continuato ad essere operativi, l’ISS consiglia un mero controllo ordinario, con monitoraggio e documentazione annessi. Nel caso in cui, invece, tali impianti debbano essere riattivati dopo una chiusura prolungata, nella guida è raccomandato di “provvedere alla pulizia completa delle apparecchiature e delle reti idriche associate, di procedere con la disinfezione degli impianti in modo che tutte le parti di ciascun sistema raggiungano la concentrazione di 50 mg/l di cloro residuo libero per 1 ora (o di 20 mg/l di cloro residuo libero per 2 ore); al termine della sanificazione, risciacquare con acqua e drenare. Per le torri evaporative vanno sempre attuati gli interventi di pulizia, disinfezione e drenaggio”.
L’ISS sottolinea l’importanza di reiterare il drenaggio, anche se già fatto precedentemente, in quanto attività capace di evitare i rischi di contagio al riavvio degli impianti. Da tale procedura sono esentati i dispositivi semplici e di piccole dimensioni, che possono essere asciugati fisicamente.
DOCUMENTAZIONE – Nella parte conclusiva, il rapporto richiede che venga conservata la documentazione relativa al registro di manutenzione dell’impianto e alla descrizione delle azioni correttive adottate, nonché quella inerente la valutazione del rischio (rivista e aggiornata ogni 2 anni o meno, se sono incorse modifiche all’impianto o si sono verificati casi di malattia). Completi di data e firma di chi ha espletato le attività, tali documenti resteranno a disposizione per un’eventuale ispezione.