Rischio biologico nella tua impresa? Il DVR può attutire la minaccia

Non un mero adempimento burocratico, bensì un’arma a tutela dei lavoratori. È il DVR biologico, strumento di contrasto ai microrganismi patogeni.

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Talora, spinti da un eccesso di superficialità, si potrebbe essere indotti a pensare che burocrazia e impresa costituiscano un binomio nient’affatto armonico. L’una, con i suoi vincoli e i suoi tempi dilatati, di ostacolo alla seconda, per sua natura dinamica. Eppure, la situazione è del tutto diversa. Chi fa impresa sa bene che, per quanto oggettivamente lenta e talvolta anche costosa, la burocrazia non è un impedimento, bensì un ausilio all’attività produttiva che, svolta in ossequio agli obblighi di legge, può tracciare la rotta migliore per il raggiungimento dei suoi obiettivi economici. Pertanto, pur potendosi dire che è innegabile l’esistenza di numerosi adempimenti burocratici, altrettanto innegabili sono le loro vantaggiose finalità. Tra queste, rientra anche la tutela della salute dei lavoratori, a cui difesa si ergono vari strumenti, come il documento di valutazione dei rischi (DVR).

Definizione di rischio biologico

In questa sede, si intende vagliare in particolare il DVR riguardante il pericolo biologico. Come tale, il d.lgs. n.81/08 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) definisce quello derivante da “qualsiasi microrganismo, coltura cellulare o endoparassita umano, capace di generare infezioni, allergie e intossicazioni”. Individuato il rischio, la legge pone poi a carico del titolare dell’impresa l’obbligo di valutarne la portata, tenuto conto delle caratteristiche dell’agente patogeno e delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa. Il tutto, in un progetto di più ampio respiro, che prevede altresì l’adozione di tutte le misure cautelative finalizzate al contenimento della minaccia biologica.

Comparti interessati

La definizione fornita dal legislatore permette di comprendere che il rischio biologico ha carattere trasversale. Esso, infatti, può investire una pluralità di settori produttivi, essendo molteplici  quelli esposti a tale tipologia di minaccia.

A puro titolo esemplificativo, lo stesso Testo Unico fornisce un elenco delle attività maggiormente esposte, in cui vengono enumerati i seguenti comparti:

  • Alimentare;
  • Agricolo;
  • Veterinario;
  • Sanitario;
  • Smaltimento rifiuti;
  • Raccolta rifiuti speciali;
  • Depurazione delle acque di scarico.

Tutti settori potenzialmente esposti al rischio biologico, pertanto meritevoli di un’approfondita indagine finalizzata alla redazione di un DVR congruo all’entità della minaccia biologica.

Metodo di valutazione del pericolo

Fornire un quadro delle attività maggiormente esposte è il primo passo, al quale però deve necessariamente seguirne un secondo. Nella fattispecie, una volta individuati i comparti più meritevoli di attenzione, è indispensabile adottare un metodo di stima della minaccia. Tale metodo prevede l’individuazione di due elementi: l’entità dell’evento dannoso e la possibilità che esso si concretizzi. L’entità del danno è calcolata in relazione al gruppo di appartenenza dell’agente biologico. A riguardo, il Testo Unico stila una tabella così composta:

  1. GRUPPO 1: agente con poche probabilità di causare malattie nei soggetti umani;
  2. GRUPPO 2: agente che può causare malattie nei soggetti umani e che costituisce un serio rischio per i lavoratori. Bassa la probabilità che possa propagarsi nella comunità;
  3. GRUPPO 3: agente che può causare gravi malattie in soggetti umani e che costituisce un serio rischio per la salute dei lavoratori. Può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche e terapeutiche;
  4. GRUPPO 4: agente che può provocare gravi malattie in soggetti umani e che costituisce un serio rischio per la salute dei lavoratori. Elevata la sua propagazione nella comunità e di norma non sono disponibili efficaci misure terapeutiche o profilattiche.

A fini di chiarezza, va specificato che se in un determinato ambiente sono rilevati più agenti patogeni appartenenti a diversi gruppi, a scopi cautelativi si farà riferimento a quello con il valore di pericolosità più elevato.

Combinando il valore così individuato con le possibilità che esso si concretizzi, si ottiene il grado di rischio riscontrabile in un determinato ambiente. Messo nitidamente a fuoco la minaccia, si potranno poi porre in essere tutte quelle misure – contenute nell’apposito DVR – il cui scopo è la tutela dei lavoratori dall’allerta biologica.

Contenuto del DVR

Sfogliando un qualsivoglia DVR biologico, ci si rende conto immediatamente conto che le misure di contrasto sono numerose e di vario genere. In primis, una volta sancita l’esistenza del pericolo in esame, il datore di lavoro deve evitare – allorché l’attività produttiva lo consenta – l’utilizzo di agenti biologici nocivi. In ogni caso, egli è poi tenuto a rispettare gli obblighi di formazione e informazione dei suoi dipendenti, nonché di dotarli di tutti i dispositivi di sicurezza individuali necessari allo svolgimento delle mansioni a rischio. Mansioni che, in ogni caso, devono essere poste in essere limitando al minimo l’esposizione ai fattori di pericolo. Inoltre, è fondamentale che vengano stilati protocolli da seguire per manipolare, trattare e prelevare campioni umani in tutta sicurezza e per manipolare e trasportare (fuori e dentro i luoghi di lavoro) gli agenti biologici indispensabili all’attività produttiva. Indispensabile è poi l’individuazione delle procedure da seguire in caso di emergenza, come essenziale è che ai lavoratori siano illustrate le misure igieniche cui sottoporsi ogni qualvolta vi sia stata esposizione ai fattori di rischio. Senza poi dimenticare il ruolo di rilievo affidato alla sorveglianza sanitaria, a cui vengono sottoposti i lavoratori nel caso in cui la minaccia sia tale da rendere indispensabili check-up a carattere periodico.

 Aggiornamento e sanzioni

Al pari di ogni altro DVR, anche quello afferente la minaccia biologica non va inteso come un qualcosa di immutabile, in quanto tale insuscettibile di variazioni. Tutt’altro. In accordo a quanto stabilito dalla legge, esso va infatti rinnovato a cadenza triennale. Tale intervallo di tempo può ridursi nel caso in cui siano state poste in essere modifiche alle attrezzature utilizzate, ai luoghi o all’organizzazione del lavoro, che siano di portata tale da rendere opportuna una verifica sulla congruità delle misure precedentemente intraprese.
Quello del rinnovo è però un obbligo secondario rispetto a quello di redazione del DVR, il cui mancato rispetto può costare molto caro all’imprenditore, passibile di una pena detentiva da 3 a 6 mesi o, in alternativa, di una sanzione pecuniaria che può variare tra € 2500 ed € 6400.

Sanzioni sono previste anche in ipotesi di mancata valutazione del rischio. Qualora tale eventualità dovesse concretizzarsi, il datore di lavoro potrebbe infatti subire un’ammenda di importo variabile tra € 1096 ed € 4384.

L’intento del legislatore è chiaro: tutelare i lavoratori a ogni costo. Anche sanzionando pecuniariamente e penalmente gli imprenditori restii.

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