Società Italiana di Medicina Ambientale e Consiglio nazionale dei geologi espongono il pericolo in numeri e invitano ad agire con mappatura, bonifica e interventi a favore di chi sta pagando il prezzo più alto.
L’allarme viene dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), che per voce del suo presidente, Alessandro Miani, dice in maniera inequivocabile che “In Italia seimila persone all’anno continuano a morire per l’amianto”. Al convegno di lunedì 23 settembre presso il CNR a Roma, dal titolo “Amianto: gestione del sistema e tutela della salute”, sono stati diversi gli interventi che hanno evidenziato il costo, in termini umani ed economici, legati all’esposizione alle fibre dell’amianto.
Costi umani. L’esposizione a determinate concentrazioni di amianto causa il cancro, precisamente – specifica Miani – “tumore polmonare (mesotelioma pleurico), laringeo e ovarico, oltre a condizioni di fibrosi polmonare”. Le persone esposte a concentrazioni pericolose di questo insieme di materiali ammonta nel mondo a 25 milioni di individui.
Costi economici. Dovrebbero bastare le conseguenze sulla salute della persona a garantire il massimo impegno per la soluzione del problema, ma le valutazioni economiche sono utili a comprendere la dimensione complessiva del danno. “L’impatto dell’amianto per i soli costi diretti (ritiro dal lavoro, cure e morte) nei 28 Paesi dell’Unione europea (Gran Bretagna inclusa) – rivela ancora il presidente del SIMA – è pari allo 0,7% del Pil dell’Unione europea”, equivalenti a 410 miliardi all’anno.
L’aspetto geologico. L’amianto è questione sanitaria, ma anche geologica. A dirlo, nel corso dello stesso convegno, è il vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi, Vincenzo Giovine, che definisce la normativa italiana una delle più avanzate in Europa. Vent’anni fa, infatti, la legge vietò l’estrazione, l’importazione, l’esportazione e la produzione di amianto e prodotti correlati. Ciononostante, ammette Giovine, “L’amianto nel nostro Paese costituisce ancora oggi un problema irrisolto”.
Che fare. Secondo il vicepresidente del Consiglio nazionale dei geologi, è necessario prima di tutto identificare e localizzare “i siti caratterizzati dalla presenza di rocce amiantifere, che costituiscono un pericolo per la diffusione delle fibre in modo da contribuire alla bonifica”. Avverte infatti Giovine, che “nel territorio italiano sono ancora presenti milioni di tonnellate di materiali contenenti tale sostanza.
Una presenza ingombrante e pericolosa, quella dell’amianto, che viene sottolineata anche dal presidente Miani. Questi, citando i dati del Ministero dell’ambiente, ricorda che sono stati censiti 96.000 siti contaminati da amianto. Un problema di dimensioni tali, conclude il numero uno della SIMA, contro cui non può che opporsi “un’azione coordinata che integri tra loro tutti gli enti statali e le amministrazioni territoriali a vario titolo coinvolte, per integrare le azioni sugli aspetti sanitari, previdenziali e ambientali”.